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Scarfòglio, Edoardo.

Giornalista, scrittore e poeta italiano. Si laureò in Lettere a Roma, dove conobbe e strinse rapporti d'amicizia con D'Annunzio, Pascarella, De Titta, Salvadori e la Serao, che sposò nel 1885. Ancora studente, aveva cominciato a collaborare al “Capitan Fracassa” con pungenti scritti di critica e polemica letteraria; successivamente divenne critico letterario del “Fanfulla della Domenica”, della “Domenica letteraria” e della “Cronaca bizantina”, dove si schierò appassionatamente a favore di Carducci e del Realismo, individuando quale sommo rappresentante di quest'ultimo Capuana, anziché Verga. Il Libro di don Chisciotte (1885) riunì i suoi migliori scritti di quest'epoca e, insieme alle contemporanee novelle de Il processo di Frine (1884), contribuì ad accrescere la fama di S., che si impose ben presto quale brillante scrittore e polemista. Nel 1885 cominciò a collaborare alla “Tribuna”, pubblicando l'anno successivo In Levante e a traverso i Balcani, volume nel quale trascrisse le sue esperienze di viaggio. Dopo la sfortunata fondazione, insieme alla moglie, del “Corriere di Roma” (le difficoltà finanziarie portarono ben presto alla chiusura del giornale), S. poté contare sull'appoggio di un industriale mecenate, Matteo Schilizzi, che finanziò le pubblicazioni del “Corriere di Napoli” (1888). Tuttavia, la personale evoluzione politica di S., che lo portò a sostenere la politica crispina, autoritaria e colonialista, determinò insanabili contrasti fra il giornalista e la linea politica del quotidiano. Abbandonato il “Corriere di Napoli” nel 1891, S. fondò insieme alla moglie “Il Mattino”, ove ebbe illustri collaboratori come Di Giacomo, Russo, Borghese e D'Annunzio; in questi stessi anni compì diversi viaggi in Africa dove, a causa del suo atteggiamento critico nei confronti dei Governi locali, fu arrestato e dovette far ritorno in Italia. Risalgono a questo periodo il polemico Itinerario verso i paesi d'Etiopia (1895-96), Le nostre cose in Africa (1895) e Il cristiano errante (1897). La disfatta di Adua segnò irrimediabilmente S., che passò dall'entusiasmo appassionato degli anni precedenti a uno scetticismo amaro e deluso, accresciuto dall'esperienza della prima guerra mondiale. Fra le sue opere si ricordano inoltre: Per la verità (1901), Lettere a Lydia (1907), La guerra della sterlina contro il marco (1915), Profili e figure (postumo, 1918) e il pamphlet antinglese Il popolo dei cinque pasti (1924, postumo) (Paganica, L'Aquila 1860 - Napoli 1917).